Lo pensarono per la prima volta in Francia negli anni sessanta e, ancora oggi, la maggior parte dei centri abitati transalpini, sono connotati da uno stato di conservazione del patrimonio edilizio assolutamente degno di considerazione.

Il “bonus facciate” sta prendendo forma insieme al Dpef 2019 e, le forze politiche di Governo, stanno ponendo particolare enfasi rispetto alla potenziale dirompenza del provvedimento sul mercato dell’edilizia e sulla qualità del vivere nelle nostre città.

Ma, cosa cambierebbe in concreto con il nuovo “bonus facciate”?

In concreto, il “bonus facciate” – che prevede un’aliquota di detrazione del credito fiscale al 90% – andrebbe a completare tutte le aliquote già esistenti che, suddivise in 10 quote annuali, riguardano gli interventi di ristrutturazione edilizia al 50% e di efficientamento energetico al 50 o 65% (installazione di pannelli solari, di impianti dotati di caldaie a condensazione almeno in classe A con sistemi di termoregolazioni evoluti, di micro-cogeneratori, di dispositivi per il controllo da remoto degli impianti).

Oltre al “bonus facciate” inoltre, rimane in essere la possibilità di cedere il credito fiscale per opere di efficientamento energetico (Ecobonus) e di miglioramento del classamento sismico dell’immobile (Sismabonus), con aliquote di detrazione che possono arrivare al 85% del valore delle opere.

Insomma, per dirla con le parole del Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, “nella manovra c’è una norma coraggiosa che renderà più belle le città italiane. Con il #bonusfacciate, un credito fiscale del 90% per chi rifà nel 2020 la facciata di casa o del condominio, in centro storico o periferia, nelle grandi città o nei piccoli comuni”.